mercoledì 30 novembre 2011

Mio Padre


Burbero benefico, potrei dire. 
Quale aggettivo più azzeccato per definire un uomo che univa un carattere un po’ irascibile e un fare imperioso a una generosità senza pari e totale dedizione filiale?
Partito, anzi scappato giovanissimo dalla sua città natale, vide compiersi il suo destino assai lontano da essa, trovando pane e sudore, la bellezza la incontrò negli incantevoli occhi di mia madre  che, innocente,  si legò a quell’uomo per la vita.
Tanto artista e poco pragmatico, questa fu l’equivalenza della sua vita,  a noi bambini regalava le favole più belle perché erano la rielaborazione dei suoi sogni, le sue speranze, condite da tanta fantasia, dove l’eroe era sempre lui, che usciva vittorioso da qualsiasi situazione. 
Quando diventai grande  si ruppe il filo che ci legava perchè le sue storie non mi affascinavano più, avevo la mia storia da vivere, il mio  volo da spiccare. Non capì, non capii. Seguimmo strade separate, lui con i suoi quadri, io con i miei affanni. 
Ma non fu troppo tardi quando ci guardammo negli occhi e sentii svanire quella sensazione di vuoto a lungo provata. 
Il cerchio era tornato perfetto e quando guardo il ritratto che mi fece, lui già scavato dalla malattia, ritrovo nei tratti di quella “sanguigna” l’impeto e la forza che avevano animato la sua vita.

 

Belle fattezze, carattere inquieto
La notte dei ricordi mi restituisce
Ocra e arancio i colori
Energia soffocata,  inespressa,  alla quale attingere
Insofferenza, insoddisfazione la musa ispiratrice
Forti colpi di spatola, là sulla tela a interpretare la vita.


Mia madre




Già il nome, Maria, evoca un'immagine di lievità e limpidezza. Lei credeva che il ruolo che le aveva assegnato la vita fosse scritto nel grande libro del sacrificio e dell'impegno al quale lei si adattò perché così le era stato insegnato e così doveva essere.
La prima parola che mi viene in mente pensando a te è INNOCENZA.
Innocente è stato il tuo sguardo a 13 anni, quando, spaventata, prendesti la via che ti portò lontano, dove hai vissuto tra privazioni e assenza di affetto per 8 anni.
Innocente è stato il tuo amore per papà che hai amato con tutto il tuo essere e a cui hai donato e affidato la tua vita semplicemente, naturalmente, indissolubilmente.
Innocente è stata la tua risposta alle avversità della vita che sono state tante, pesanti, ma che ti hanno sempre visto combattiva e apparentemente vinta.
Innocente è stata l'accettazione della tua malattia, lunga, insidiosa, sfibrante.
Tu eri il faro ma quella luce non si è spenta.

Voglio cogliere quel fiore sulla roccia
Toccare l'orizzonte con la mano
Sfinirmi in un viaggio verso l'infinito
E poi sedermi
E vedere il tuo sorriso